Girolamo Romanino e il "mirabile affresco" di Tavernola
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Negli anni intorno al 1510 – 1515 il giovane ma già famoso pittore bresciano Romanino è a Tavernola per decorare ad affresco la chiesa di San Pietro, la piccola parrocchiale cui fanno capo i nuclei abitati che vi sorgono intorno: Cambianica, Bianica, Vigolo, Parzanica, Gallinarga e il nucleo abitato in espansione sul delta del torrente, Tavernola, quello che poi diventerà il capoluogo dell’omonimo Comune.
Tavernola con le sue attuali contrade all’epoca conta circa trecento abitanti, altrettanti o poco di più Vigolo e Parzanica.
Cosa ci fa dunque un pittore di chiara fama in un paese di poveri contadini e pescatori, che già hanno provveduto a dotare le loro due chiese (“San Michelone” di Cambianica e, appunto, San Pietro) di cicli di affreschi di buona mano?
E’ qui (forse) che la storia del piccolo paese si incontra con quella più grande, e più precisamente con l’assedio e il ”sacco” di Brescia da parte dell’esercito francese sceso in Italia per conquistare la Lombardia.
A Brescia infatti risiedono abbastanza stabilmente alcuni componenti della potente famiglia tavernolese, i Fenaroli, che contende ai Foresti il primato nei possedimenti e nei traffici nella zona di centro lago. (All’epoca, infatti, tra le varie famiglie di proprietari terrieri o di grandi commercianti che traevano le loro ricchezze dai possedimenti nelle campagne, per pagare meno tasse e per essere più vicine ai luoghi dove si esercitavano i commerci, era invalsa l’abitudine di porre la propria residenza nelle città. I Calepio dell’omonimo paese e i Suardi della Val Cavallina, ad esempio, si trasferirono a Bergamo pur continuando a riscuotere fitti e proventi dalle terre in campagna).
I Fenaroli di Tavernola pongono la loro residenza a Brescia, dove si fanno presto conoscere per la loro intraprendenza, ma continuano a frequentare il paese d’origine e altri centri sulla sponda bresciana del lago dove acquistano terreni e costruiscono ville.
I Foresti, l’altra famiglia potente, nel 1497 hanno fatto realizzare in San Pietro, sulla parete sud del presbiterio, un affresco della “Madonna in trono”, è quindi ipotizzabile che anche i Fenaroli, che proprio in quella chiesa hanno le sepolture di famiglia, nell’intento di lasciare un segno della loro potenza, chiamino il pittore bresciano già famoso Romanino ad affrescare un’altra Madonna in trono, sulla parete di fronte all’altra nel presbiterio.
Forse per allontanarsi dal pericolo della guerra, forse perché scarseggiano commissioni più allettanti, il fatto è che proprio negli anni del “sacco” di Brescia Romanino è a Tavernola per dipingere quel grande capolavoro che è la “Madonna col Bambino, san Giorgio, San Maurizio e i santi Pietro e Paolo che presentano gli offerenti”. Successivamente dà inizio, sulla parete di fondo, al di sopra dell’antica loggetta ad un nuovo affresco, una grande “Crocifissione” che però non porta a termine: di questa infatti abbozza solo la sagoma della croce e le teste di tre persone ai suoi piedi con lo sguardo rivolto verso il Crocefisso.
Caduta in disuso la chiesa, che nel XVI secolo perde la qualifica di Parrocchiale, a poco a poco ci si dimentica del grande affresco, che già ha subito l’insulto dell’apertura di una porta di collegamento con un vano-sagrestia a ridosso di uno dei particolari più belli dell’intera scena: il bambino che gioca col cagnolino seduto ai piedi della Madonna.
Solo nel primo ventennio del secolo scorso ci si ricorda della sua esistenza, e ciò grazie anche ad un evento negativo: un forte temporale con bufere di vento nel 1916 scoperchia in parte il tetto della chiesa mettendo in pericolo l’affresco.
In assenza di documentazione (l’affresco e le tre “ teste” non portano la firma dell’autore) l’attribuzione dell’opera richiede studi e perizie che portano finalmente e definitivamente nel 1955 la studiosa Mina Gregori ad assegnare l’opera al Romanino.
La grande mostra dedicata da Brescia al suo grande pittore nel 1965 annovera definitivamente tra le sue più grandi quest’opera giovanile, tuttora una delle più studiate da parte degli esperti e critici d’arte.
La stessa Mina Gregori così la descrive nel “saggio” del 1955: “La più straordinaria esercitazione prospettica ch’io conosca del pittore bresciano si trova in affresco a Tavernola, nella pieve di San Pietro… i marmi della pilastrata a doppio ordine, il cielo macchiato, il tappeto frangiato d’oro, la pedana ad arabeschi di disegno cremonese brillano ancora nei toni abbassati di una penombra vespertina grigio-viola…”
Rossana Bossaglia, altra studiosa d’arte, nota nel “mirabile affresco di Tavernola Bergamasca… una prepotente capacità di sintesi.. Si guardi come la Madonna prenda naturale e immediato possesso dello spazio…
Molte altre citazioni si potrebbero qui ricordare, ma rischiano di diventare puro esercizio di erudizione: chiunque osservi le illustrazioni dell’affresco ne saprà cogliere infatti il valore.
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Dopo la riscoperta di questo grande pittore - che ha saputo prendere il meglio, senza tuttavia copiare, dalla scuola lombarda del Bramantino e dalla scuola veneziana di Tiziano - le Amministrazioni comunali di Pisogne (dove esiste il più grande e famoso ciclo di affreschi del Romanino), Bienno, Breno e Tavernola hanno dato vita a numerose iniziative per la valorizzazione delle sue opere.
Sull’onda di questo rinnovato interesse nel 2005 il tavernolese dott. Gabriele Foresti, che da sindaco aveva dato impulso alla creazione della “Via del Romanino”, ha promosso nuovi studi e ricerche sulla sua tecnica pittorica attraverso l’esame degli affreschi di Tavernola, studi che hanno portato alla scoperta della perduta “Crocifissione” e alla comprensione della funzione delle tre “teste” della parete di fondo.
Da questi studi (notevoli quelli di Vincenzo Gheroldi e Sara Marazzani) e dalla grande mostra di Trento, dove gli affreschi di Tavernola hanno avuto grande risalto, sono nate numerose pubblicazioni che ci aiutano a comprendere meglio il loro valore. Tra le altre è opportuno ricordare il bellissimo e rigoroso saggio dello stesso Foresti: “Romanino a Tavernola Bergamasca”: il lavoro di uno studioso che ha saputo guardare quest’opera d’arte non solo con gli occhi dell’esperto, ma anche con il cuore di un tavernolese innamorato della sua terra.
La chiesa è visitabile nelle giornate di apertura
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