Tavernola: il luogo e la storia

 

Di derivazione sicuramente latina (“Tabèrnula” – piccola locanda) il nome di questo piccolo centro abitato sulla sponda bergamasca del Sebino ce ne spiega anche la probabile origine. Si ritiene infatti che sulla conoide del torrente Rino in epoca altomedievale (quando ancora si scriveva in latino) ci fosse un luogo di approdo e di ristoro cui facevano capo per i loro viaggi sul lago i pescatori e gli abitanti già insediati sulle colline retrostanti. La contrade di Cambiànica, Vìgolo, Parzànica e il piccolo nucleo di Biànica - i cui abitanti traevano sostentamento dall’allevamento del bestiame e dall’agicoltura - si sono infatti strutturate prima dell’abitato a lago, sorto sui depositi lasciati nei  secoli dal torrente Rino che scende ripido dalla valle di Vigolo trascinando e accumulando materiale sulla foce.

Anche il piccolo agglomerato della frazione Gallinàrga ha avuto origine allo stesso modo: essendo luogo di facile approdo a nord delle strapiombanti rocce del “Corno”, già nell’antichità ha ospitato costruzioni: modeste casupole di pescatori, probabilmente. E’ certo comunque che questa località era già abitata al tempo della dominazione di Roma: lo testimonia il ritrovamento di un tratto di selciato stradale tipico dell’epoca.

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I Romani, durante i cinque secoli della loro dominazione, non trascurarono il territorio sebino: lo testimoniano i resti delle vie da loro tracciate e i numerosi reperti, tra i quali la “necropoli” di Lovere e le grandi e ben conservate “terme”, recentemente riscoperte nella vicina Predore (Roma vi teneva il “Praetorium”- luogo di governo – da cui prende il nome questo Comune).

Proprio alla dominazione di Roma è dovuta l’introduzione, qui e sul lago di Garda, di una coltivazione all’epoca inesistente: quella dell’olivo, che da duemila anni, oltre a fornire il suo prezioso olio, caratterizza il paesaggio con le sue fronde argentate. Alla stessa epoca risalgono anche i primi tentativi di introduzione della viticoltura, pratica questa poi perfezionata nei secoli dai religiosi (monaci cistercensi, soprattutto, ma anche di altri ordini).

Queste coltivazioni andarono così ad affiancarsi alle precedenti, fornendo agli abitanti delle colline intorno al lago una maggior varietà di prodotti per la sussistenza: nulla di paragonabile, certo, alla ricca agricoltura della vicina pianura padana, tuttavia la diversificazione delle colture - in questi scampoli di terra collinare inadatta alla coltivazione dei cereali e strappata ai boschi con duro lavoro, insieme ai pesci provenienti dal lago - ha permesso ai nostri antenati di colonizzare le sponde lacustri e di mantenere nel corso dei secoli una popolazione numericamente abbastanza stabile (epidemie escluse). Anche l’emigrazione, fenomeno che ha caratterizzato molte parti d’Italia negli ultimi due secoli, ha inciso poco sull’andamento demografico dei paesi lacustri, ad eccezione di quelli montani (Parzanica, Vigolo, Zone sulla sponda bresciana).

La laboriosità e lo spirito di iniziativa degli abitanti, uniti alla disponibilità di acqua e quindi di forza motrice, favorirono poi, a partire dalla fine dell’ottocento, l’insediamento e l’espansione di attività industriali vere e proprie. Dapprima furono le “filande di seta”, che da piccoli laboratori quasi familiari si trasformarono in manifatture in grado di assorbire quasi tutta la manodopera femminile locale (anche Tavernola ebbe le sue filande: prima la “Sina” e poi la “Capuani” – questa in funzione fino al 1953). Vennero poi le manifatture di cotone e la grande “Ferriera” di Lovere, in grado di dare lavoro a più di duemila operai, e le industrie per la trasformazione della marna calcare in calce e cemento (Cementifici di Tavernola, nati nel 1902 e tuttora in attività anche se con molta meno manodopera) e le attività estrattive di Marone, poi la prestigiosa industria motonautica di Sarnico e, da ultimo, le numerose attività artigianali per la fabbricazione di guarnizioni industriali.

Il decollo industriale indusse di conseguenza un aumento demografico, in particolare là dove gli impianti richiedevano molta manodopera: è il caso di Tavernola, passata dai poco più di mille abitanti di inizio secolo ai 2101 del 1951 (Ora, con le “fabbriche” in declino, conta 2200 residenti dopo aver toccato i 2300 negli anni sessanta del Novecento: Tavernola è in pratica, nel bene e nel male, “figlia” dei cementifici)

Tutto questo fervore di opere e il benessere economico che ne derivava, nel corso del novecento furono il vanto delle popolazioni locali. Si leggeva infatti sulla stampa nazionale che, grazie alla laboriosità dei suoi abitanti, il Sebino era “il lago più industriale d’Italia” e a questo primato venne subordinato qualsiasi altro valore: l’ambiente, innanzitutto, e in alcuni casi anche la salute degli abitanti.

Tavernola , tra i comuni rivieraschi, è con Marone il paese che ha “pagato” di più sul fronte ambientale, soprattutto per la grande ferita che le cave di calcare (“miniere”, per l’esattezza) hanno inferto al monte Sarezano che la sovrasta a Nord.

I suoi tre grandi cementifici, che negli anni cinquanta del secolo scorso davano lavoro direttamente in fabbrica a più di cinquecento operai, con un indotto non trascurabile come numero di addetti e come reddito (tra cui i molti “barcaioli” e, più tardi i camionisti addetti al trasporto del cemento), hanno infatti “mangiato” letteralmente la montagna, producendo nel paesaggio uno squarcio che solo negli ultimi anni accenna a richiudersi, e favorendo movimenti franosi che creano spesso problemi di mobilità ai residenti.

Questa situazione, ora che si sono fatte più pressanti le esigenze di una vita più sana in un ambiente gradevole, pesa negativamente sul futuro del paese, che si trova svantaggiato nel progettare un diverso tipo di economia più sostenibile anche dal punto di vista del benessere ambientale.

Negli ultimi anni, parallelamente al declino dell’occupazione presso il cementificio, si stanno cercando nuovi modelli di sviluppo che assicurino reddito ai residenti senza  controindicazioni ambientali. Per questo è in atto a più livelli una riflessione che, prendendo le mosse dai punti di forza del paese, porti a proposte concrete e attuabili.

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E di punti di forza Tavernola ne vanta ancora molti, il primo dei quali è certamente il clima particolarmente mite di cui gode. Circondata alle spalle e ai fianchi dalle montagne e aperta ad est sul lago, con la stupenda vista di Montisola e delle due piccole isole di San Paolo e Loreto che la fiancheggiano, non conosce praticamente la nebbia e raramente la neve riesce a scendere fino all’altezza della frazione di Cambianica. Inoltre la presenza del lago, che proprio davanti all’abitato si apre al massimo della sua larghezza e tocca il punto di maggior profondità (- 250 metri), fa sì che d’inverno - mentre la massa d’acqua cede lentamente all’aria il calore accumulato d’estate – si registri in paese una temperatura di due gradi circa superiore alla media della zona. Per contro d’estate, per il gioco delle differenze di temperatura fra l’acqua del lago e le terre circostanti, Tavernola viene rinfrescata dai venti che nei giorni di sole spirano dal lago verso terra (l’ “óra”) e la sera dalle valli verso il lago : “ol vét”, vento notturno proveniente dalla Valcamonica che spira da nord su tutto il lago e l’ “àer”, brezza che la sera, scendendo dalla valle di Vigolo, disegna davanti al paese e fino all’altezza di Montisola un bel ventaglio di vento in grado di assicurare notti fresche senza l’aiuto di congegni tecnologici.

 Dopo il lago la “terraferma”: la cementificazione selvaggia, che ha deturpato molti luoghi un tempo caratteristici, ha per fortuna risparmiato in buona parte Tavernola. La sue contrade, dalle costruzioni in riva al lago, ai centri storici delle frazioni e alle case sparse, mostrano ancora in larga parte i segni del buon gusto nel costruire di una volta, quando si edificava meno e, forse, meglio. Soprattutto il paese, se si escludono alcuni casi – pochi e sporadici – di “scatole di cemento” senza pregio architettonico costruite nella foga edilizia degli anni sessanta, mostra costruzioni antiche caratteristiche e ben conservate (particolarmente pregevole il comprensorio Torre – via Pero, dove sono ancora visibili tracce dell’antica “casa Fenaroli”) anche nella frazione di Bianica e in Cambianica, che tuttavia, avendo avuto un sensibile sviluppo proprio negli anni della cementificazione, è quella che si è conservata meno bene. Belle sono soprattutto le ville storiche che sorgono lungo la litoranea, tra cui la villa “Fenaroli”, il cui primo nucleo risale al 1600, e la villa “Capuani”, con il suo bel parco verde rimasto identico nei suoi cento anni di vita.

Numerose e per la maggior parte ben dotate di arredi di valore anche le chiese, che nel corso dei secoli gli abitanti delle varie contrade hanno costruito in tutti i piccoli centri.

La costruzione più antica si trova a Cambianica: è il piccolo oratorio, ora sala civica, chiamato “San Michelone”. In puro stile romanico, risale al XII - XIII secolo ed è stato costruito nel luogo dove le vecchie strade di collegamento dei centri a monte (Vigolo e Parzanica) confluivano nella strada che, correndo a mezza costa dei monti Pingiolo e Corno, consentiva il collegamento via terra con Predore e Sarnico. (La litoranea che collega Tavernola a Sarnico è stata costruita nel 1848, il collegamento su strada con Lovere risale al 1915: prima dell’ottocento la maggior parte delle merci e dei passeggeri si muovevano con barche). San Michelone, ricco di affreschi del XIV secolo in buono stato di conservazione, è stato per circa un secolo l’unica chiesa della zona (L’altra chiesa dedicata a “San Michele”, dove tuttora si tengono le funzioni religiose per la frazione, risale al 1700 e sorge sulla stessa piazza a poca distanza dal piccolo “gioiello” romanico. E’ molto curata negli arredi e regolarmente officiata).

 

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Divenuta insufficiente la capienza del San Michelone, ed essendo nel contempo aumentata la popolazione dell’abitato a lago, nel XIII secolo è stata costruita sulle prime alture del monte Pingiolo una nuova chiesa romanica, di stile tuttora riconoscibile anche se in seguito più volte rimaneggiata, grazie al campanile tipico delle chiese romaniche lombarde. Si tratta della chiesa di “San Pietro”, parrocchiale fino al XVI secolo, che fra i vari affreschi e tele di valore, vanta anche un affresco di Girolamo Romanino. E’ confinante con il cimitero.

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Bianica, antichissimo insediamento sul versante nord del Pingiolo, possiede un piccolo e ben tenuto oratorio dedicato a San Bernardo (sec. XVI) dove ancora, seppur saltuariamente, si celebrano funzioni religiose. Una curiosità: anche in San Bernardo c’è un affresco del XVI secolo che ricorda “San Simonino” da Trento, santo presente anche in San Michelone. La “fortuna” nei nostri paesi di questo piccolo Santo, proclamato tale dalla devozione popolare e mai riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa, è dovuta al fatto che era ritenuto protettore della popolazione in caso di epidemie.

 

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Gli abitanti di Gallinarga hanno dedicato la loro chiesetta, costruita in zona panoramica rispetto all’abitato, a San Giorgio, il santo guerriero venerato come protettore dei deboli e degli indifesi. E’ un oratorio di proprietà privata, bisognoso di restauri, costruito nei primi anni del XV secolo. Attualmente non è officiato perché sono in corso i lavori di consolidamento della struttura.

Fuori dall’abitato vi sono altre due chiese: una, dedicata a San Rocco, sorge lungo la mulattiera che un tempo collegava Tavernola con Vigolo, ed è stata edificata in seguito ad un voto della popolazione risparmiata dall’epidemia di peste del 1630. E’ ben tenuta ed è officiata praticamente solo il 16  agosto. Non ha dotazioni artistiche di pregio.

L’altra chiesa, molto frequentata e molto amata dai Tavernolesi, è il Santuario che sorge sul colle di Cortinica, da cui prende il nome. Dedicato a Maria Visitatrice, ora venerata come Patrona con solenne festa il due luglio, è sorto nel corso di cinque secoli per successive aggiunte, attorno ad un affresco di buona qualità che un tempo campeggiava sul muro della cascina che sorgeva in quella località. La quattrocentesca immagine fu staccata e riparata all’interno di una piccola cappella, allargata poi i fino a diventare una piccola chiesa con presbiterio ad una navata (ex voto dopo la peste del 1630). Arricchita di arredi preziosi (sculture di valore in legno, tra cui la grande cornice dell’altare, opera seicentesca dell’intagliatore Gasparo Bianchi di Brescia) ebbe un nuovo e consistente allargamento nel XIX secolo: dopo questa ristrutturazione, con l’aggiunta delle due navate laterali, assunse le attuali dimensioni. Ulteriori arricchimenti sono stati effettuati nel secolo scorso con l’aggiunta del porticato che la cinge sui tre lati e della cupola. La pale degli altari laterali, e le due tele riguardanti la natività, recentemente restaurate, sono di fattura pregevole.

Notevole anche l’esterno del Santuario con il grande sagrato panoramico, soprattutto è importante lo scenografico scalone con le quattordici stazioni della “Via Crucis” sulle quali sono apposte anche le lapidi che ricordano nominativamente i “caduti” di Tavernola nelle due guerre mondiali.

 

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La chiesa parrocchiale si trova nel centro a lago. E’ dedicata a “Santa Maria Maddalena Penitente”, ma la sua festa, che cade il 23 luglio non è considerata patronale (La “Patrona” è la “Madonna di Cortinica”). E’ diventata parrocchiale “di fatto” in sostituzione di San Pietro quando i Parroci hanno preso l’abitudine di risiedere nell’abitato in riva al lago - che nel frattempo si era ampliato aumentando il numero di abitanti - ed è stata riconfermata come tale dal Vescovo dopo che anche Vigolo (come Parzanica) aveva ottenuto l’autonomia della sua parrocchia non senza fatica e con vere e proprie lotte con spargimento di sangue.

E’ una costruzione settecentesca, elevata nel tipico stile barocco delle chiese locali coeve, costruita al posto della piccola chiesa precedente, risalente a due secoli prima, della quale ha conservato il bellissimo coro di legno intagliato (autore Johann Karl Sanz, 1705). Con affreschi, stucchi e dorature tipici delle chiese barocche, presenta una visione d’insieme molto gradevole, perché nessun eccesso decorativo ne disturba l’equilibrio.

Oltre all’altare maggiore, presenta altri quattro altari laterali, di cui il primo a sinistra, dedicato alla Madonna del Rosario, è opera dei Fantoni che lo hanno arricchito con uno splendido paliotto. Di buona fattura affreschi e tele, fra le quali la più notevole, la pala dell’altare maggiore che raffigura “La comunione di Santa Maria Maddalena” è opera di Vincenzo Orelli (1798).

 

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Un arredo notevole della parrocchiale è l’Organo: proveniente dalla bottega dei Bossi, ha subito negli anni ottanta un consistente restauro, che tuttavia dovrebbe essere nuovamente “rinforzato”. Le sue note sostengono egregiamente la “corale di Santa Cecilia”, un'altra delle “ricchezze” di Tavernola.

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